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Lun. Mag 19th, 2025
Crisi globale e
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Il tessuto sociale contemporaneo appare sempre più sfilacciato, teso tra le logiche di un’economia globale implacabile e scelte politiche internazionali che sembrano privilegiare lo scontro strategico all’empatia e alla cooperazione. Le notizie che emergono dai mercati, dal mondo del lavoro e dalle dinamiche finanziarie globali dipingono un quadro di crescente sgomento sociale, dove la precarietà diventa norma e le fondamenta stesse della coesione sociale sembrano erodersi sotto il peso di decisioni prese in circoli ristretti, lontani dalle reali esigenze delle comunità. Questo articolo si propone come un’analisi critica di queste tendenze, un palinsesto delle ansie collettive generate da un sistema che, nel nome del profitto e del potere geopolitico, rischia di condannare la maggioranza a pagare il prezzo dell’edonismo di pochi, trasformando il mondo in una scacchiera di un Risiko senza vincitori.

Lavoro Sotto Attacco: Il Caso Volvo e la Spirale dei Tagli

Il segnale arriva forte e chiaro dal settore automotive: Volvo Cars, colosso svedese sotto l’egida della cinese Geely, annuncia tagli ai costi di produzione per 8 miliardi di corone svedesi. Di questi, ben 5 miliardi proverranno da tagli al personale, inclusi consulenti e dipendenti della sede centrale di Göteborg. Sebbene l’AD Håkan Samuelsson parli di misure preventive per evitare una crisi futura, la notizia si inserisce in un contesto preoccupante per il mondo del lavoro. Non si tratta di un caso isolato: già nel 2024, Volkswagen ha dovuto negoziare con i sindacati per scongiurare chiusure [Fonte: menzione nell’articolo Volvo], e anche il gigante della componentistica Magna ha annunciato licenziamenti . Questi episodi evidenziano una tendenza diffusa: la pressione sui costi di produzione, aggravata da un mercato delle auto elettriche che stenta a decollare e da una persistente crisi economica globale post-Covid, si scarica inevitabilmente sulla forza lavoro. L’uso di materiali più economici o ecosostenibili può mitigare parte dei costi, ma la “mannaia” sui posti di lavoro sembra una costante nelle strategie aziendali per mantenere la competitività sui mercati globali.

US President Donald Trump holds a chart as he delivers remarks on reciprocal tariffs during an event in the Rose Garden entitled “Make America Wealthy Again” at the White House in Washington, DC, on April 2, 2025. Trump geared up to unveil sweeping new “Liberation Day” tariffs in a move that threatens to ignite a devastating global trade war. Key US trading partners including the European Union and Britain said they were preparing their responses to Trump’s escalation, as nervous markets fell in Europe and America. (Photo by Brendan SMIALOWSKI / AFP)

Guerre Commerciali e Frammentazione Finanziaria: Le Nuove Linee di Frattura Globali

Le tensioni non sono solo interne alle aziende, ma attraversano l’intero sistema politico-economico internazionale. La storia ci ammonisce: lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930, pensato per proteggere l’economia USA durante la Grande Depressione, innescò una devastante guerra commerciale che peggiorò la crisi a livello mondiale, con un crollo del 65% del commercio globale. Oggi, le politiche protezionistiche e l’uso della finanza come arma geopolitica stanno creando nuove faglie. Il fenomeno del declino di SWIFT illustra perfettamente questa dinamica: il sistema di messaggistica finanziaria, un tempo neutrale, è stato trasformato dagli USA in uno strumento per imporre sanzioni (contro Iran, Corea del Nord, Russia). Questa “militarizzazione della finanza” sta spingendo anche gli alleati, oltre ai rivali, a cercare alternative per sfuggire alla morsa del dollaro e al controllo di Washington. La Russia ha sviluppato SPFS, la Cina CIPS (che coinvolge quasi 5000 banche), e i BRICS stanno lavorando a BRICS Pay. Persino blocchi regionali come ASEAN (con RPC) e l’Unione Africana (con PAPSS) stanno creando sistemi di pagamento interconnessi che bypassano SWIFT e riducono la dipendenza dal dollaro. Questa frammentazione, se da un lato offre maggiore sovranità economica ai singoli stati, dall’altro segnala una pericolosa ritirata dalla cooperazione internazionale verso blocchi contrapposti, aumentando il rischio di instabilità e conflitti economici.

L’Economia Psichica: Quando il Disagio Collettivo Diventa Colpa Individuale

In questo scenario di incertezza e pressione costante, come reagisce l’individuo? La sociologa Eva Illouz, nel suo libro “Modernità esplosiva”, offre una chiave di lettura potente. Sostiene che il capitalismo e la psicologia individualista hanno creato una “trappola emotiva”: i fallimenti sistemici – disuguaglianza, precarietà lavorativa, competitività sfrenata – vengono scaricati sulle spalle del singolo. L’ansia, la depressione, il senso di inadeguatezza non sono visti come sintomi di un malessere sociale, ma come problemi individuali da risolvere attraverso l’automiglioramento. L’industria del benessere psicologico prospera mercificando le emozioni, offrendo soluzioni individuali a problemi strutturali. Questo processo, definito “economia psichica“, maschera le potenti forze sociali che generano sofferenza e ci chiede di assumerci la piena responsabilità per ferite inflitte da un sistema iniquo. Lo sgomento sociale viene così interiorizzato, trasformato in colpa personale, impedendo una risposta collettiva e critica alle vere cause del disagio.

Sintomi Diffusi: Dalle Catene di Ristoranti all’Industria Manifatturiera

La crisi non colpisce solo i grandi colossi industriali o la finanza globale, ma si manifesta anche nel tessuto economico più vicino ai consumatori. La bancarotta dichiarata per la terza volta da Bertucci’s, una catena di ristoranti italiani negli USA, è emblematica. Le motivazioni citate – deterioramento dell’economia, calo della domanda dei consumatori per marchi tradizionali, inflazione sui costi alimentari – riflettono una difficoltà diffusa nel settore della ristorazione statunitense (anche Red Lobster, Hooters, TGI Fridays hanno dichiarato bancarotta). I consumatori a medio reddito, stressati dall’inflazione, tagliano le spese non essenziali, come mangiare fuori. Questo si collega sia alla pressione economica generale sia, potenzialmente, a quella “economia psichica“: la rinuncia non è solo economica, ma può alimentare frustrazione e senso di impoverimento. È un altro tassello del mosaico che mostra come le difficoltà macroeconomiche si traducano in problemi concreti per imprese e famiglie.

Tendenze Future e Strade da Percorrere: Oltre il Risiko Globale

Le tendenze attuali disegnano uno scenario futuro preoccupante:

  1. Frammentazione Geopolitica ed Economica: L’erosione di sistemi globali come SWIFT e l’ascesa di blocchi regionali potrebbero portare a un mondo meno interconnesso ma più conflittuale sul piano commerciale e finanziario.
  2. Precarietà Strutturale del Lavoro: I tagli al personale e la pressione sui costi potrebbero diventare la norma, aumentando l’insicurezza lavorativa e la disuguaglianza sociale.
  3. Aumento del Disagio Psico-Sociale: Se non si riconoscono le radici sociali del malessere, l’ansia e la depressione legate all’incertezza economica e lavorativa continueranno a pesare sugli individui, frammentando ulteriormente il tessuto sociale.
  4. Rischio di Spirali Negative: Protezionismo, guerre commerciali e instabilità finanziaria possono autoalimentarsi, come dimostra la storia (Smoot-Hawley), portando a crisi economiche più profonde e diffuse.

Per evitare di cadere in questo futuro distopico, le strade da percorrere dovrebbero orientarsi verso:

  • Politiche Economiche Empathiche: Serve un ripensamento delle priorità, mettendo al centro il benessere umano e la sostenibilità sociale e ambientale, non solo il profitto a breve termine. Ammortizzatori sociali più robusti e politiche attive del lavoro sono cruciali.
  • Cooperazione Internazionale Reale: Abbandonare la logica della guerra commerciale e della finanza come arma, riscoprendo il dialogo e la costruzione di regole condivise per la governance globale.
  • Affrontare le Disuguaglianze Strutturali: Riconoscere che molti problemi individuali hanno radici sistemiche. Politiche fiscali progressive, investimenti in istruzione e sanità pubblica, e una regolamentazione più stringente dei mercati finanziari sono passi necessari.
  • Transizioni Giuste: Il passaggio a economie più sostenibili (come quella elettrica nel settore automotive) deve essere gestito garantendo supporto ai lavoratori e alle comunità colpite, per evitare che la transizione ecologica diventi un’ulteriore fonte di disuguaglianza.

In sintesi, è necessario abbandonare la logica del Risiko globale, dove la vittoria di pochi significa la sconfitta di molti, e riscoprire i valori di umanità, empatia sociale e cooperazione come fondamenta per un futuro più equo e stabile per tutti.


L'attuale panorama globale è segnato da una profonda crisi che intreccia instabilità economica, tensioni geopolitiche e un crescente sgomento sociale.

L’attuale panorama globale è segnato da una profonda crisi che intreccia instabilità economica, tensioni geopolitiche e un crescente sgomento sociale. Dai licenziamenti nel settore automotive (Volvo) alla bancarotta di catene di ristoranti (Bertucci’s), emerge una pressione insostenibile sul lavoro e sui consumatori. Parallelamente, la “militarizzazione” della finanza (declino di SWIFT, ascesa di CIPS, BRICS Pay) e le tendenze protezionistiche frammentano l’ordine globale, evocando lo spettro di guerre commerciali passate.

La sociologa Eva Illouz avverte che questo disagio collettivo viene spesso individualizzato, trasformato in colpa personale (“economia psichica“), mascherando le responsabilità sistemiche. Le tendenze indicano un futuro di maggiore precarietà e disuguaglianza, a meno che non si adottino politiche economiche più empatiche, si rafforzi la cooperazione internazionale e si affrontino le radici strutturali del malessere, abbandonando la logica distruttiva di un Risiko globale.


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di kai_zen

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